Con il “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Sars-Cov-2/Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 6 aprile 2021 sono state ammesse le trasferte nazionali ed internazionali. Nello specifico il Protocollo prevede che il datore di lavoro, in collaborazione con il Medico competente e il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, nel disporle deve tenere conto “del contesto associato alle diverse tipologie di trasferte previste, anche con riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione”.
Il “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro” del 6 aprile 2021 ha previsto, per i lavoratori rimasti positivi dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi, la riammissione al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in una struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario; il referto molecolare negativo necessario per il rientro deve essere indirizzato al medico competente.
Per i lavoratori per i quali è necessario il ricovero ospedaliero, il rientro deve avvenire sia previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone antigenico o molecolare che previa visita medica preventiva al fine di verificare l’idoneità alla mansione (indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia).
I lavoratori che presentano sintomi meno gravi possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).
I lavoratori positivi ma asintomatici per tutto il periodo, invece, possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).
Secondo quanto disposto dal “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro”, sottoscritto il 6 aprile 2021, i datori di lavoro, per assicurare le vaccinazioni ai propri lavoratori, possono:
Se la vaccinazione viene eseguita in orario di lavoro, precisa il Protocollo, il tempo necessario per la medesima è equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro.
No, le “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-sars-Cov-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro”, diffuse il 13 aprile 2021 tramite una circolare congiunta dei ministeri del Lavoro e della Salute, consentono che la vaccinazione organizzata dalle imprese possa procedere indipendentemente dall’età dei lavoratori, purché vi sia disponibilità di vaccini.
Le procedure finalizzate alla raccolta delle adesioni dei lavoratori interessati alla somministrazione del vaccino, stando a quanto disposto dal “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi dovranno essere realizzate e gestite nel pieno rispetto della scelta volontaria rimessa esclusivamente al singolo lavoratore, evitando ogni forma di discriminazione dei lavoratori coinvolti.
Il medico competente sarà tenuto a fornire ai lavoratori adeguate informazioni sui vantaggi e sui rischi connessi alla vaccinazione e sulla specifica tipologia di vaccino, assicurando l’acquisizione del consenso informato del soggetto interessato, il triage preventivo relativo al suo stato di salute e la tutela della sua privacy.
Il D.L. 30/2021 ha introdotto un congedo indennizzato al 50% della retribuzione e coperto da contribuzione figurativa, a favore dei genitori con figli affetti da Covid-19 (ma anche in quarantena da contatto e con attività di didattica in presenza sospesa), se minori di 14 anni, per loro cura e per tutto o parte del periodo corrispondente.
Questo congedo può essere utilizzato senza limiti di età per la cura di figli con disabilità grave accertata e iscritti a scuole di ogni ordine e grado per i quali sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale per i quali sia stata disposta la chiusura.
Il congedo può essere fruito dai genitori lavoratori dipendenti del settore privato nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile e in alternativa all’altro genitore convivente con il figlio, o anche non convivente in caso di figlio con disabilità grave.
L’INPS, con la circolare n. 63/2021, ha chiarito che la fruizione del congedo da parte di un genitore convivente con il figlio è ammesso anche quando l’altro genitore sia un soggetto riconosciuto “fragile” (Circolare Min. Lavoro e Min. Salute 13/2020) a prescindere dallo svolgimento o meno di attività lavorativa o dall’eventuale svolgimento di lavoro agile.
In termini generali, l’art. 2087 c.c., dispone che il datore di lavoro deve “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Inoltre, ai sensi dell’art. 279 del TUSL il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, deve mettere a disposizione vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione. Tale vaccino, inoltre, deve essere somministrare a cura del medico competente.
Tuttavia, se da un lato il datore sarebbe tenuto a mettere a disposizione del lavoratore vaccini efficaci, dall’altro, bisogna tener conto che ai sensi dell’art. 32 della Costituzione “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge”.
Ad oggi, sebbene in Italia vi siano numerosi casi di vaccinazioni rese obbligatorie da norme di legge nessuna norma ha reso obbligatoria la vaccinazione contro il Covid-19.
Quindi, sebbene sia difficilmente sostenibile imporre la somministrazione sicuramente il datore non può esimersi da